È morto tra le montagne della Valgrande, sul Pizzo Marona. Le terre alte facevano parte della sua biografia, sia culturale e letteraria che umana.
Erminio Ferrari aveva 61 anni ed è morto tra le montagne della Valgrande, sul Pizzo Marona. La montagna faceva parte della sua biografia, sia culturale e letteraria che umana. Infatti, Erminio si era sempre diviso tra l’escursionismo, l’alpinismo, il soccorso alpino, le storie degli alpigiani e la necessità di raccontare e comunicare le terre alte al grande pubblico. Escursionista curioso e capace, aveva confidenza con la roccia, con gli anfratti più selvatici della montagna e anche con l’alta montagna. Era un volontario del Soccorso alpino e speleologico piemontese, ma anche un apprezzato scrittore e un giornalista di lungo corso. Come volontario del CnSas era competente e stimato. Lo scorso agosto, ad esempio, aveva avuto un ruolo determinante nel ritrovamento della coppia di tedeschi dispersi in Val Cannobina.
Nato a Cannobio nel 1959, Ferrari aveva abbandonato gli studi per lavorare in un vivaio ma poi, qualche anno fdopo, aveva deciso di dedicarsi al giornalismo. Si era fatto le ossa alla redazione dell’”Eco di Locarno” e poi era passato alla “Regione”, il quotidiano di lingua italiana del Canton Ticino”, dove era responsabile della pagina degli Esteri. Dotato di una rara capacità di scrittura, a metà degli anni ‘80 aveva iniziato a pubblicare libri sulle sue montagne, raccogliendo le storie dei montanari, dei contrabbandieri e dei partigiani che affidava alle pagine dei suoi volumi con uno stile particolare, sobrio, asciutto, essenziale, fato di frasi secche e di parole essenziali, efficaci e potenti. Era anche un buon fotografo. Per molti anni aveva anche collaborato con la “Rivista della Montagna” ed era entrato a far parte del gruppo dei suoi redattori più fedeli.
Erminio Ferrari aveva esordito in campo editoriale nel 1985 con "Luoghi non tanto comuni", un libro dedicato ai territori intorno alla sua Cannobio e al suo Lago Maggiore. Nel 1986, per le edizioni Tararà aveva firmato In "Valgranda. Memoria di una valle", un volumetto davvero prezioso e scritto magnificamente. Sarebbe poi tornato a occuparsi della zona nel 2001, con il volume fotografico "Valgrande. Frontiera verde. Alla scoperta del parco nazionale più selvaggio d’Italia". Tra gli altri suoi lavori vanno ricordati il saggio Contrabbandieri (Tararà, 1997) e i romanzi Passavano di là e Fransé, (Casagrande, 2002 e 2005), che sono tra i suoi libri più belli, e ancora, Una valanga sulla Est – 1881, la “catastrofe Marinelli” al Monte Rosa (Tararà, 2006), che aveva firmato con Alberto Paleari, e Mi ricordo la Rossa (Tararà, 2009), sull’Alpe Devero in Val d’Ossola.
Tra le opere più recenti, va infine menzionata la raccolta I 3900 delle Alpi, da lui realizzata assieme ad ad Alberto Paleari e Marco Volken.
Condividere la cultura della montagna, era la vocazione di Erminio che, nonostante il so carattere schivo e riservato, aveva anche fatto parte per diversi anni, sempre con grande competenza, del Consiglio direttivo di Letteraltura a Verbania. Ma forse i lettori dello “Scarpone” si ricorderanno anche della sua apprezzata presenza, assieme all’amico Paleari, all’edizione 2016 di Pordenonelegge.
da LoScarpone.CAI.it